LA PREMESSA
L’esplosione del conflitto tra Russia e Ucraina è un evento che ha scosso tutto il mondo. Nel nostro Paese migliaia di persone hanno aderito a manifestazioni pacifiche per gridare all’unisono un chiaro: “NO” alla guerra.
La voce di Ain Karim, che da sempre opera al servizio dei più fragili, si è unita a questo grido. Subito ci siamo attivati per capire come poter aiutare anche in questa situazione di emergenza ed abbiamo così deciso di partecipare alle due missioni umanitarie “Safepassage” e “Safepassage3”, organizzate da Mediterranea Saving Humans NGO.
Le missioni sono state realizzate con diversi obiettivi, da una parte quello di portare beni di prima necessità in territorio di guerra, dall’altra quello di riportare in Italia le persone che stavano scappando dai bombardamenti senza nessuna discriminazione sulla base della nazionalità e provenienza.
Nel giro di poco tempo siamo quindi riusciti a riempire di aiuti umanitari uno dei van con cui solitamente portiamo i bambini a scuola ed una nostra educatrice, in qualità di autista del van, si è unita alla carovana di Mediterranea per portare questi aiuti direttamente in Ucraina, nella prima missione a Leopoli, nella seconda a Kiev.
Il viaggio è stato molto lungo, più di 24 ore di strada fino al confine, con una breve sosta prima di varcare il confine per poter riempire i van della carovana con delle croci rosse adesive, atte a segnalare la natura pacifica del convoglio.
In entrambe le missioni siamo stati ospitati dai salesiani del Don Bosco, che ci hanno accolto calorosamente e ci hanno aiutati a reperire chi avesse bisogno di un passaggio sicuro per andare via dal Paese.
Nei giorni di permanenza in Ucraina, oltre a portare i vari aiuti alle Associazioni cui erano destinati, abbiamo cercato di creare una rete con le Istituzioni, per facilitare le missioni successive e per capire di volta in volta cosa fosse utile raccogliere e portare.
Alla stazione di Leopoli abbiamo trovato un gigantesco HUB a cielo aperto, dove offrivano cibo, una bevanda calda, riparo a chi era in attesa di lasciare il paese. Ci siamo messi in contatto con la Croce Rossa e gli altri volontari del posto, tanti di loro erano studenti che avevano deciso di rimanere a dare una mano nonostante le famiglie fossero partite.
Le due missioni sono state molto differenti tra loro.
La prima missione è partita il 16 Marzo, il conflitto non era scoppiato da neanche un mese, Leopoli ancora non era stata colpita ed il clima di guerra lo si percepiva appena, se non attraverso gli occhi delle persone che abbiamo incontrato alla stazione (che provenivano dalle zone ad alto conflitto), dagli allarmi antiaereo che suonavano anche se i bombardamenti erano molto distanti e delle persone a cui abbiamo offerto un passaggio sicuro fino in Italia.
La seconda missione invece è partita il 28 Aprile: abbiamo trovato un Paese svuotato questa volta, con un clima molto più pesante.
La scelta di andare a Kiev è stata data dalla richiesta delle Istituzioni di far arrivare il nostro carico a Kharkhiv, dove le persone erano molto più in difficoltà proprio perché la maggior parte delle carovane si fermavano a Leopoli, Odessa e nelle città più vicine al confine; inoltre nel viaggio di andata con noi c’era Valentyna, una signora che era arrivata in Italia e che aveva deciso di rientrare per tornare dal marito, la prima notte (grazie all’aiuto dell’interprete) ci ha raccontato la sua storia e ci ha detto: “preferisco morire sotto le bombe ma vicina ai miei cari, piuttosto che stare lontana da loro non sapendo se e quando li rivedrò”.
Rispettare i tempi della tabella di marcia è stato fondamentale per il successo della missione, arrivare a Kiev non è stato per niente semplice. Siamo dovuti partire all’alba per essere sicuri di arrivare prima del coprifuoco alle 22.00 e nonostante fossero circa 550 km di strada, abbiamo impiegato undici ore per arrivare. Nella tratta Leopoli-Kiev più di trecento trincee con check-point, i militari ci hanno sempre lasciati passare, ci sorridevano, ci salutavano. Noi ci siamo domandati quanti di loro prima facessero tutt’altro nella vita. Un altro elemento che ci ha rallentato sono state le continue deviazioni che abbiamo dovuto fare a causa dei ponti e dei cavalcavia bombardati; abbiamo attraversato Bucha, Irpin’ e le altre cittadine che erano state assediate.
Se nella prima missione la guerra l’avevamo soltanto percepita, nella seconda si è mostrata a noi in tutta la sua crudeltà. Ore ed ore di viaggio con davanti ai nostri occhi case, palazzi, chiese, parchi-giochi, supermercati distrutti. La devastazione totale. Immagini che fanno male, che non dimenticheremo mai, che ci portano ancora una volta a domandarci il senso di tutto questo.
Una volta a Kiev, abbiamo scaricato tutto il carico dei nostri van nei tir destinati a Karkhiv. Gli autisti dei tir non smettevano di ringraziarci, noi abbiamo ringraziato loro che sono i veri coraggiosi di tutta questa storia.
L’indomani siamo andati all’appuntamento con il Nunzio Apostolico Monsignor Visvaldas Kulbokas che, impegnato nel portare avanti l’iniziativa di pace di papa Francesco, non ha mai abbandonato Kiev. Ci ha mostrato il suo letto, un materasso per terra in un corridoio, lontano dalla facciata principale del palazzo. Ci ha raccontato senza filtri le barbarie che ha visto a Bucha, dopo che lo scandalo delle fosse comuni aveva fatto il giro del mondo.
Se la guerra l’abbiamo vista attraverso la distruzione intera di paesini e cittadine, in questa seconda occasione, ancora una volta, l’abbiamo vista soprattutto negli occhi delle persone che abbiamo portato via dal Paese.
Il giorno del rientro, ancora una volta, famiglie costrette a separarsi, mogli che salutano i mariti costretti a rimanere a combattere, figli che salutano i propri padri, madri che salutano i propri figli.
Queste persone hanno vissuto per mesi nei bunker, ci hanno raccontato che per tre mesi nei giorni più “tranquilli”, si svegliavano presto al mattino per andare a fare la fila e prendere il primo pullman che le portasse verso Leopoli e per tre mesi non ci sono riusciti. Questo fino ad oggi. Li abbiamo fatti salire sui van, abbiamo distribuito a tutti merendine, succhi di frutta, acqua e i biscotti che prontamente gli educatori di Ain Karim e Paola ci avevano preparato e siamo ripartiti per rientrare in Italia.
Siamo consapevoli che tutto questo rappresenta una piccola goccia in un oceano, ma è la piccola goccia di cui vogliamo continuare a far parte: quella che porta medicine e cibo là dove si chiedono armi, quella che si schiera con i civili, con chi soffre e paga in misura maggiore le conseguenze di questo brutto gioco di potere chiamato “Guerra”.
I RISULTATI:
Grazie alle tre missioni Safepassage sono stati portati in Ucraina circa 20 tonnellate di aiuti umanitari e sono state portate al sicuro 225 persone. La maggior parte di queste si sono ricongiunte con i propri familiari che già vivevano in Italia, quelle che non sapevano dove andare sono invece state portate all’Istituto Don Bosco di Monselice, altre ancora sono state prese in carico dalla protezione civile in attesa di essere collocate presso le varie strutture che hanno dato disponibilità all’accoglienza.
L’Associazione Ain Karim OdV, in questo periodo di emergenza, ha accolto: 1 famiglia (padre, madre e una ragazza di 13 anni), 4 donne e 6 bambini.
Report dell’operatrice di Ain Karim Elisa Di Maula.